vulvodinia

“Il dolore è sempre presente. Cosa ho di sbagliato?
Perché non sono normale?
Non lo posso dire a nessuno. È il mio segreto.
Mi vergogno del mio dolore privato. Non riuscirò mai a fare l’amore!
A tutto questo dolore non c’è soluzione”

La vulvodina è una patologia di cui si parla poco, anche per la difficoltà nel diagnosticarla e rischia, molte volte, di essere sottovalutata. Può capitare di scoprire di esserne affetta anche dopo tanto tempo, dando finalmente un nome a quel dolore fisico, psicologico e di disagio personale e relazionale. L’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) la definisce come “fastidio vulvare, più spesso descritto come dolore caratterizzato da bruciore, che si verifica in assenza di risultati visibili rilevanti o di uno specifico disturbo neurologico, clinicamente identificabile”. Questa condizione patologica in realtà è molto diffusa. Colpisce infatti il 10-15% delle donne e interessa donne sia in età fertile che postmenopausa. La vulvodinia ha una eziologia multifattoriale dove cause biologiche, psicologiche e relazionali si intrecciano dando vita a un circolo vizioso che mantiene e alimenta il dolore cronico vulvare. La ricerca scientifica evidenzia come alcuni aspetti psicologici rappresentano un’importate chiave di lettura della vulvodinia non solo in fase diagnostica ma anche per individuare il giusto trattamento. Antecedenti disturbi ansiosi, depressivi, eventi traumatici precoci rappresentano dei fattori predisponenti e/o di mantenimento della vulvodinia. Altri aspetti psicologici che possono influire sono la presenza di pensieri catastrofici riferiti al dolore (catastrofizzazione del dolore). Si tratta di uno schema mentale cognitivo ed emotivo negativo, che determina un’amplificazione degli effetti negativi del dolore. Anche la ruminazione su eventi traumatici della propria vita (come abusi sessuali) gioca un forte ruolo nel mantenimento del dolore cronico vulvare. Alla vulvodinia si accompagnano sentimenti di inadeguatezza, senso di frustrazione e di impotenza con un impatto negativo sulla percezione della qualità della vita. Il dolore pelvico condiziona inevitabilmente lo stile di vita delle donne che ne soffrono, impendendo ad esempio di andare in bici, di utilizzare pantaloni stretti, tamponi vaginali ecc. La presenza di dolore cronico vulvare ha anche un impatto sulla vita sessuale delle donne che ne soffrono. Infatti si può accompagnare a calo del desiderio, disfunzioni sessuali con un importante impatto sulla vita di coppia. Accanto a questi aspetti, è importante prendere in considerazioni anche le cause relazionali che possono mantenere o aggravare la percezione del dolore, come la mancanza di intimità, conflitti relazionali, abusi fisici e sessuali da parte del partner. Proprio per l’impatto vulvodinia ha sulla vita relazionale, come alcuni studi sottolineano, è importante considerare il ruolo del partner sia come fattore protettivo che come fattore di mantenimento della condizione dolorosa.  La multifattorialità della vulvodinia ci guida nel prendere sempre più coscienza della necessità di analizzare e prendere in considerazione anche gli aspetti psicologici e relazionali, che rappresentano un importante tassello per comprendere e individuare il percorso più idoneo. È attraverso un approccio integrato (bio-psico-sociale) e multiprofessionale (collaborazione con ginecologo, fisioterapista, psicoterapeuta con competenze sessuologiche o sessuolo clinico) che è possibile arrivare a una giusta diagnosi e costruire un progetto terapeutico che metta al centro la persona che soffre di vulvodinia. Soffrire di vulvodinia significa soffrire di una malattia di difficile individuazione che incide su tutte le varie aree della vita di una donna. È partendo dal corpo, nella sua unitarietà mente-corpo, che è possibile uscire dal labirinto della vulvodinia. Rivolgersi a un professionista specialista permette di intraprendere un viaggio di conoscenza e di comprensione del proprio dolore, ritrovando la sintonia con il proprio mondo interno, la propria storia, con il proprio corpo e nell’incontro con l’altro.

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