Ronnie Corazza sul podio della DXT 23 Km nel 2016, a fianco della leggenda Marco Olmi

3° al DXT 23km 2016 – 6° Antico Troi degli sciamani 75km 2019 – Finisher al DXT 103km e alla corsa della Bora 168km

Tullio Corazza conosciuto da tutti come Ronnie, nato e cresciuto in Val di Zoldo, fa il muratore e da 4-5 anni ha scoperto la corsa e soprattutto ha scoperto che va forte quando si tratta di correre in montagna e sulle lunghe distanze.

Ha cominciato a correre tardi – anche se non è mai troppo tardi per farlo – correndo 2 km, da casa sua alla chiesetta e ritorno, ma ha continuato e incrementato perché: “mi fa stare bene, dopo la doccia, al termine di una corsa, mi sento in pace con me stesso”.

Prima della corsa praticava bici e calcio anche se confessa che non gli piaceva nemmeno fare un giro di campo, passava le giornate a lavoro e poi al bar, una sigaretta e una birra, ora, con la corsa, queste cose le ha tolte ma ne ha trovate tante altre: amicizie, benessere fisico e mentale e conosce pure i nomi delle montagne che, con un po’ di vergogna, ammette di avere imparato solo da quando le frequenta ogni giorno per andare a correre.

Come ti sei avvicinato alla corsa e al trail running?

Ho sempre fatto sport, da bambino giocavo a hockey, poi bici e calcio, ma mi sono innamorato della corsa tardi, a 34-35 anni, semplicemente per quello che sentivo mentre correvo, per il fatto che quando corro sto bene, riesco a mettere ordine nella mia testa, ad affrontare i problemi con un approccio più ottimistico.
Ho cominciato con le prime garette di paese e poi, beh, se vivi a Forno di Zoldo prima o poi ti invischiano nel trail! Scherzi a parte, è tutto il territorio, i numerosi sentieri, la bellezza dei posti che ti portano a fare trail. All’inizio univo la corsa alle escursioni in montagna, invece che camminare andavo in corsetta. Da lì mi sono iscritto alle prime Skyrace e nonostante fossi un novizio dello sport andavo forte e la cosa mi lusingava, spinto da due amici ho intrapreso la strada degli ultratrail fino alla alla prima 100km alla Dolomiti Extreme Trail 2019.

Quanto è importante per un atleta di trail vivere in montagna?

Credo sia molto importante, io ho la fortuna che quando esco di casa sono già immerso in un paradiso, non prendo mai la macchina per andarmi ad allenare e riesco sempre a fare anelli diversi, a cambiare centinaia di sentieri.
La bellezza dei posti in cui corri poi ti dà quella spinta in più per superare la fatica e riuscire a correre per lunghe distanze.

Qual è stato il trail più duro che hai fatto?

Senza dubbio i 170 km della “Corsa della Bora” a gennaio 2020.
Avevo avuto già qualche problema al ginocchio, uno dei tanti infortuni frutto della mia voglia di crescere troppo in fretta e di essere arrivato a distanze lunghe in modo poco graduale, che anche prima di quella partenza si era fatto sentire.
Tutto bene fino al 60° km, quando inizia a farmi molto male e decido di ritirarmi al ristoro più vicino. Quando ci arrivo però, decido di continuare ancora un po’, mi incoraggio a correre ancora qualche chilometro, nella mia testa mi vedo un po’ come all’interno di una prova di sopravvivenza, penso a mio nonno che ha fatto la ritirata di Russia e mi dico che io per un po’ di male al ginocchio non posso tirarmi indietro.
Zoppicando e  soffrendo – so che non avrei dovuto – sono arrivato in fondo, il trail è anche questo, il misurarsi con le difficoltà, lottare, provare emozioni forti, arrivare a piangere per la stanchezza, perché quando corri queste distanze la testa ti fa degli scherzi e ti succedono cose incredibili.

Ti è mai capitato di chiederti: “Ma chi me l’ha fatto fare”?

All’arrivo della DXT 100km dello scorso anno ricordo che c’erano degli amici che mi aspettavano per bersi una birretta insieme, una volta seduto dissi loro che non avrei mai più corso un metro in tutta la mia vita, due giorni dopo stavo già correndo nei sentieri delle mie montagne.
Sai, quando fai una gara di ultra trail combatti davvero contro te stesso, non è solo la fatica, la testa ti dice di smettere, è una lotta continua. Poi, dopo aver tagliato il traguardo, ti passa tutto, non so che cosa accade, credo sia un po’ quello che succede ad una donna durante il parto, nonostante l’intensità di dolore e fatica, una volta visto il bimbo passa tutto.
Ecco, con le gare di ultratrail succede questo: soffri, mentre corri ti dici che è l’ultima, ma poi quando arrivi, prima di farti la doccia ti sei già iscritto alla gara successiva.

Quanto è importante per un ultra trailer conoscere se stesso e avere consapevolezza dei propri limiti?

La consapevolezza di sé è la legge pilastro di un ultramaratoneta, sapere quando ti stai avvicinando al limite e dosare le energie, avere la forza mentale di accettare che nel momento che stai vivendo devi rallentare è fondamentale non solo per andare forte, ma anche “solo” per arrivare in fondo.
Se superi il limite rischi di pagarla cara, di dover aspettare ore prima di riprendere a correre, sempre che tu riesca a farlo. Con l’esperienza impari a riconoscere questi limiti e ad anticiparli, accetti i momenti di difficoltà e sei in grado di non farti prendere dallo sconforto e di accettare anche che un avversario ti superi.

Una gara di ultra trail è lunga e possono succedere tante cose, devi imparare a governare le emozioni e ricordarti sempre che la gara finisce dopo l’ultimo chilometro, se non ce la fai più, anche gli ultimi due chilometri possono diventare un inferno, puoi metterci anche un’ora per farli.
Mentre corri è importante farsi periodicamente una sorta di “autoscanner” per ascoltarsi a fondo e capire quali sono i bisogni principali in quel momento o se il corpo ci sta dando dei segnali per dirci che dobbiamo bere, mangiare o magari rallentare.

Tra tutti gli aspetti che contribuiscono alla complessità dell’ultra trail come disciplina (alimentazione, idratazione, termoregolazione, ritmo sonno-veglia) qual è quello che ti crea più difficoltà in gara?

Ho sempre avuto difficoltà a gestire il sonno della notte precedente. L’ansia per la gara, la paura di non svegliarmi, la sveglia molto presto e il pensiero fisso di tutte le cose che dovrò fare e non dimenticarmi la mattina successiva mi portano a dormire solo poche ore alla vigilia di una competizione. In uno sport in cui è essenziale dosare ogni minima spesa energetica e nel quale si va al risparmio, partire già stanchi perché si è dormito 2-3 ore è davvero penalizzante.
Inoltre, in gare molto lunghe, oltre alla notte precedente la gara, ci si depriva di parte del sonno anche della notte successiva perché magari si arriva in piena notte o, in caso di atleti con un passo un po’ più lento, addirittura la mattina successiva!

Dacci 3 motivi per i quali un runner su strada dovrebbe provare a fare trail:

  1. Il primo è sicuramente la noia! Correre su sentieri è sempre diverso, c’è una grande variabilità nel terreno, nel dislivello, nel passo di corsa. Una sola volta ho provato a fare l’ora di corsa in pista, credevo di morire, faccio meno fatica a correre 8 ore nei boschi che un’ora intorno su una superficie piana.
  2. Correre sui sentieri causa meno infortuni, proprio per la variabilità di cui ho parlato prima.
  3. Con il trail si smette di guardare orologi, tempi, ritmi al km, pulsazioni, si torna ad una dimensione più primitiva della corsa, ci si affida alle sensazioni corporee e si corre per il puro piacere di farlo.

Dacci 3 motivi per i quali una persona che non corre, dovrebbe provare a correre:

  1. La corsa ti fa stare bene, ti fa sentire bene nel tuo corpo e di conseguenza a pensare meglio. Inoltre ti porta ad abbandonare cattive abitudini e ad adottare uno stile di vita sano.
  2. Correre ti dà modo di stringere amicizie profonde perché condividendo la fatica si riesce a parlare di cose intime, non le chiacchiere da bar, dove si hanno tanti amici ma con i quali non si va mai oltre la superficie.

Il terzo non è proprio un motivo per cominciare, ma un vero e proprio consiglio per riuscirci e a noi di Running Project piace molto!

Ronnie ci dice che la corsa è un’attività primordiale dell’uomo, qualcosa che abbiamo dentro come specie, se si prova, se ci si butta una prima volta, magari scatta quella scintilla che accende questa parte di noi, nascosta da decenni di vita sedentaria, e ci si scopre dei runner, si possono provare quelle emozioni e quelle sensazioni di pieno benessere che la corsa è capace di regalarti ad ogni uscita.

Un augurio a Ronnie per il suo prossimo trail che è “La corsa della Bora” a Gennaio, ma ancora di più per il suo sogno di partecipare all’Ultra Trail Du Mont Blanc. In bocca al lupo!