Un sorriso tira l’altro

E’ altamente probabile che ciascuno di noi abbia sperimentato il piacere di ricevere da qualcuno, indipendentemente dal grado di conoscenza reciproca, un sorriso sincero e provare un’emozione positiva, piuttosto che quello di essere “contagiato” da una risata e faticare a trattenere la propria, senza sapere neppure il perché…

E’ di dominio pubblico ormai l’informazione che sorridere faccia bene a chi lo fa e a chi lo riceve, ma come mai?

Sappiamo che le espressioni facciali sono lo specchio esterno di quelle emozioni che proviamo internamente e sappiamo anche che -grazie alla presenza dei neuroni a specchio- nel vedere le espressioni facciali altrui, siamo in grado di leggere, interpretare e comprendere le loro emozioni, tanto da condividerle, anche in forma complessa e profonda, vivendo una esperienza simile all’altro, seppur differente, in quanto mediata dal nostro vissuto esperienziale soggettivo.

Le scienze si sono poste quesiti complessi -in parte ancora irrisolti- in merito alle espressioni facciali ed alle corrispondenti emozioni: gli studi famosi di Ekman hanno codificato le prime e le hanno correlate con le seconde, classificate in primarie e secondarie. Filosofia, antropologia, sociologia, psicologia sono gli ambiti di studio che più si sono occupate di questi temi e della loro correlazione con relazioni interpersonali e dinamiche sociali.

Le più recenti neuroscienze hanno portato evidenza scientifica in merito al fatto che la prima risposta ad uno stimolo sia di tipo emotivo: gli organi di senso ricevono un input che, trasmesso al cervello, produce un adattamento comportamentale, coerente all’emozione provocata.

Tuttavia, oggi sappiamo che quel concetto, apparentemente così semplice, che sottostà a ciò che chiamiamo emozioni, di facile interpretazione se pensata come una reazione istintiva e spontanea, ha in realtà un costrutto molto più complesso. Quest’ultimo infatti correla sia con la fisiologia, sia con il contesto sociale che le ha elicitate, sia con aspetti cognitivi di valutazione, ovvero con i significati che ciascuno di noi -per esperienza- attribuisce agli stimoli che le provocano. Possiamo dire che le emozioni influenzano i nostri comportamenti in ogni istante della nostra esperienza quotidiana, in forma più o meno consapevole: esistono infatti processi espliciti ed impliciti della nostra esperienza emotiva che condizionano la nostra vita, anche a nostra insaputa. La psicologia offre percorsi per conoscere meglio parte di questa dimensione sommersa e inconsapevole del nostro vissuto emotivo, così come le neuroscienze cognitive e sociali offrono la possibilità di conoscere, comprendere, monitorare e modulare i segnali fisiologici ad essere associati, come il variare del battito cardiaco, della sudorazione, della salivazione, etc… per imparare a gestire meglio le proprie emozioni.

La dimensione sociale delle emozioni non è quindi trascurabile, in quanto si tratta di una componente intrinseca della specie umana a livello filogenetico, che svolge una funzione di regolazione sociale molto importante ma anche in quanto strettamente correlate al contesto, senza il quale non esiterebbero. In particolare se facciamo riferimento a quelle secondarie (vergogna, imbarazzo, orgoglio, etc) che – accanto alle primarie (gioia, paura, rabbia, etc) – nascono dal confronto, esistono e si mantengono in risposta ad un determinato presupposto sociale che regolamenta le relazioni stesse.

Le emozioni correlano quindi a concetti come quello di “contagio emotivo”, ovvero la capacità di sperimentare le emozioni della persona che abbiamo di fronte, come quello di “empatia”, ovvero la capacità di riconoscimento, interpretazione ed attribuzione dei significati delle emozioni altrui o come quello di “sintonizzazione temporale”, ovvero di messa in atto di meccanismi di risposta sincrona e mirroring, come le variazioni della mimica facciale in coerenza con le emozioni provate, come alcune componenti fisiologiche o addirittura come la sintonia neuronale.

Diversi i centri di ricerca che studiano le scienze applicate ai contesti di vita quotidiana come quelli lavorativi, ai contesti di vita reali come le dinamiche di squadra, ai contesti delle big performance come quelle sportive o quelle che entrano in gioco nelle espressioni artistiche di alto livello, o che indagano le competenze comunicative, relazionali ed emotive, per comprenderle e potenziarle.

Diverse quindi anche le applicazioni pratiche del sapere scientifico in merito alle emozioni ed alle strategie atte alla loro gestione.

Se può apparire intuitivo che un’emozione provochi un’espressione facciale, lo è meno il processo inverso, per il quale l’attivazione di muscoli propri di una espressione facciale promuova la corrispondente emozione. La relazione emozione-espressione è quindi bidirezionale. Infatti gli studi di Paul Ekman e Robert Levenson avevano concluso che le espressioni facciali non sono soltanto un effetto degli stati emozionali, ma possono esserne anche la causa: il movimento crea l’emozione così come l’emozione crea il movimento.

Da qui idee e progetti che, pur muovendosi su piani differenti, concorrono agli stessi scopi di benessere e salute, come quella di una “ginnastica” per stimolare emozioni positive come lo Yoga della Risata, quella della Terapia del Sorriso (Clown therapy) nata per contrastare l’abbassamento del tono dell’umore nei bambini ospedalizzati, quella della Salute Positiva per lo studio delle risorse e degli stili di vita che promuovono benessere soggettivo al di là della semplice assenza di malattia, riducendo i fattori di rischio che la producono ed i costi che ne conseguono, traducendo così tale benessere soggettivo in collettivo. Molti alti i progetti portati avanti anche da piccole Associazioni come quella di A Piedi Nudi a Bologna che promuovono la cultura degli Stili di Vita corretti, per incidere sulla qualità di vita e ridurre l’incidenza di malattie che conseguono ad una scarsa cura di sé, priva di movimento regolare, di una sana alimentazione, di una buona qualità del sonno, delle relazioni sociali e del tempo libero.

Lo Yoga della Risata (Laught Therapy)

Dalla seconda metà del secolo scorso sono state condotte numerose ricerche sui benefici della risata: è stato provato che ridere ha un impatto positivo sull’organismo, a livello psico-fisico e di fine interazione tra i piani biochimici e neurofisiologici.

La risata aumenta la produzione di quegli ormoni, adrenalina e dopamina, che hanno il compito di liberare le nostre morfine naturali: encefaline, endorfine e simili.

Le encefaline potenziano il sistema immunitario, stimolando una maggiore produzione di anticorpi: il Center of Public Health di Loma Linda, in California, ha evidenziato come l’esposizione a situazioni positive porti ad un incremento di molti parametri neuroimmunologici.

Il nostro sistema immunitario gioca un ruolo importante nel mantenerci in salute, bloccando le infezioni batteriche e virali. Studi di psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) hanno evidenziato come le emozioni negative, quali rabbia o quelle correlate a stati di l’ansia e depressione, indeboliscano il sistema immunitario, riducendo la sua capacità di combattere le malattie infettive, autoimmuni e oncologiche. Secondo il dott. Lee S. Berk, dell’Università di Loma Linda (California, USA), ridere aiuta ad aumentare il numero delle cellule Natural Killer (NK), fondamentali per le difese. I ricercatori hanno sottolineato come, dopo una seduta di terapia della risata, il livello di anticorpi aumenti nelle mucose del naso e delle vie respiratorie, negli apparati quindi che per primi svolgono una funzione difensiva contro virus, batteri e micro-organismi.

Le endorfine modulano il dolore e promuovono il rilassamento, permettendo il raggiungimento di uno stato di maggior serenità.

Le beta-endorfine, analgesici autoprodotti dall’organismo, ci proteggono dallo stress e dalle sue conseguenze, svolgendo una funzione preventiva della debolezza fisica e mentale provocate da stress, stati di ansia e depressione, riducendo anche l’insonnia. Quest’ultima, alzando i livelli di cortisolo, accelera la degenerazione telomerica e l’invecchiamento cellulare.

Come dimostrato dai ricercatori finlandesi del National Public Health Institute, esiste una stretta relazione tra durata della vita ed il pensiero positivamente orientato e ridere cambia l’atteggiamento mentale.

La risata stimola anche la produzione di serotonina, un antidepressivo naturale, riducendo la secrezione di ormoni dello stress come il cortisolo e l’epinefrina (adrenalina) che, a cascata, aumentano la pressione sanguigna ed i livelli di glucosio, con conseguenze dannose per l’organismo, se prolungate nel tempo. Per questo il dott. I. Wittstein della John Hopkins University sostiene che l’adrenalina sia dannosa per il cuore in quanto in grado di provocare fenomeni di cardiomiopatia da stress.

La dott.ssa Karen Matthews -psicologa dell’Università di Pittsburgh (Pennsylvania, USA)- sostiene che gli effetti benefici di una risata rallentino la progressione dell’arteriosclerosi grazie ad uno studio osservazionale che per tre anni 209 ha comparato una popolazione di donne sane in post-menopausa, ed ha notato che le più ottimiste avevano un ispessimento delle arterie carotidee minore rispetto a quelle pessimiste. Inoltre ha confermato che l’aumento degli scambi polmonari che avvengono durante la respirazione riduce il tasso di grasso nel sangue, con conseguente beneficio sulla colesterolemia. Un altro studio condotto su persone reduci da infarto del miocardio conclude che mezz’ora al giorno di umorismo riduce il rischio di ricadute. Il dott. Michael Miller dell’Università del Maryland (USA) sostiene che una risata abbia l’effetto di rilassare le arterie e di aumentare il flusso sanguigno, al pari di un esercizio aerobico. Il ridere parrebbe avere un ruolo di prevenzione dell’arteriosclerosi, dei problemi cardiaci e della ipertensione.

Una ricerca condotta presso l’Unità di Riabilitazione Respiratoria Don Gnocchi di Pozzolatico (Firenze) conclude affermando che “… la risata è una ginnastica per i polmoni“. La risata infatti aumenta la respirazione, che diviene più profonda. L’aria nei polmoni viene rinnovata attraverso fasi di espirazione ed inspirazione tre volte più efficaci che in stato di riposo. Le alterazioni del ritmo respiratorio intervengono sull’ossigenazione del sangue e sull’espulsione di anidride carbonica, provocando un rilassamento muscolare delle fibre lisce dei bronchi per azione del sistema parasimpatico, dando benefici in particolare a chi soffre di bronchite, di asma, ed a coloro che soffrono di enfisema.

Anche il professor William Fry della Stanford University sostiene che la risata sia un esercizio aerobico comparabile a dieci minuti di vogatore o a un buon jogging: per ridere utilizziamo oltre sessanta muscoli: pellicciai, mimici, cervicali ecc., una parte della muscolatura a livello toracico e degli arti superiori che si contrae e si rilassa alternativamente, innescando una ginnastica addominale che migliora le funzioni del fegato e dell’intestino, stimolando l’apparato digestivo e combattendo la stitichezza. Ridere possiede una funzione depurativa dell’organismo, alcalinizza notevolmente cellule e tessuti, permettendo così un miglioramento delle funzioni intestinali ed epatiche.

Su questi assunti si basa lo yoga della risata che smentisce l’idea che la qualità della risata naturale sia differente rispetto a quella indotta e che l’unica differenza può consistere nel grado di intensità.

Secondo gli studi condotti dalla psicoterapeuta Annette Goodheart, la risata indotta artificialmente viene interpretata dal corpo come reale. Allenarsi a ridere anche senza motivo produce quindi salutari effetti sul nostro organismo.

Quando ci si comporta come una persona felice, a lungo andare, ci si sente felici. Singolarmente non è facile comportarsi come una persona felice, mentre in gruppo questo diventa più naturale. È quello che succede esattamente nei Club della risata. Ci si comporta come se fossimo felici fino a quando la chimica del nostro organismo ci rende tali.

Il Dottor Sorriso (Clown Therapy)

La Clown Therapy nacque nel 1986, quando Michael Christensen, fondatore assieme a Paul Binder del Big Apple Circus, creò “The Clown Care Unit”, portando sorrisi e fantasia negli ospedali pediatrici. Questo modello approdò anche in Europa, prima in Francia e nel 1995 anche in Italia, grazie alla Fondazione Dottor Sorriso, anche se la sua fama arrivò ai più solo nel 1998, grazie al film “Patch Adams”, dove Robin Williams interpreta il ruolo di un medico statunitense, convinto sostenitore della sua efficacia. Oggi, la Terapia del Sorriso è parte integrante del programma ospedaliero, fondamentale soprattutto per i più piccoli che hanno meno strumenti per  affrontare il trauma del ricovero. I Dottori della risata sono professionisti specializzati che lavorano fianco a fianco con i medici, supportando relazioni umane, comunicazioni importanti e promuovendo un pensiero positivo in pazienti e sanitari.

La Salute Positiva (Positive Health)

Secondo Martin Seligman, direttore del Positive Psychology Center presso l’Università della Pennsylvania, la Positive Health parte dalla consapevolezza che “le persone desiderano il benessere a pieno titolo e lo desiderano al di sopra e al di là del sollievo della loro sofferenza”.

La Positive Health è la scienza che studia le risorse di salute, a partire dal benessere soggettivo e dalla felicità, per valutarne l’impatto sulla salute fisica.

In Italia il Gruppo Italiano Felicità e Salute Positiva ha lo scopo di promuovere la felicità attraverso lo studio, mediante la narrazione, l’espressione artistica e l’indagine delle dimensioni di benessere e di salute positiva. Il GIF promuove ricerche sul benessere soggettiva e studi sulla salute positiva e sulle sue dimensioni (resilienza, ottimismo, speranza, gratitudine, empatia, ecc,). Il GIF valuta gli effetti del training indirizzato all’aumento del benessere soggettivo (es. protocolli di mindfulness) o interventi sulle altre dimensioni (es. effetti di interventi medicina narrativa sui livelli di empatia dei sanitari o sulle dimensioni di salute positiva dei pazienti; efficacia di azioni di miglioramento del benessere e della resilienza degli studenti a scuola; efficacia di interventi per il miglioramento del benessere soggettivo in ambito lavorativo).  

In occasione della Giornata internazionale della Felicità di questo epocale 2021, Sergio Ardis – Segretario Nazionale del Gruppo Italiano Felicità e Salute Positiva e membro della Società Italiana di Medicina Narrativa- ha affermato che “essere felici può aumentare l’aspettativa di vita di 7-8 anni, esattamente come l’adozione di stili di vita corretti, dalla sana alimentazione all’esercizio fisico fino alla rinuncia a fumo e alcol”, citando una celebre review di letteratura di Ed Diener, massimo esperto a livello mondiale di benessere (Happy People Live Longer: Subjective Well‐Being Contributes to Health and Longevity).

La Giornata internazionale della Felicità è stata istituita dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 28 giugno 2012 a partire dal presupposto che “la ricerca della felicità sia uno scopo fondamentale dell’umanità”, intendendo con il termine di felicità la definizione filosofica di ciò che in termini scientifici viene definito benessere soggettivo, che, individuale e collettivo, è una dimensione misurabile.

Come ampiamente descritto, molti gli scienziati che hanno indirizzato le ricerche alla misurazione di questo stato di benessere positivo, al fine di verificare quanto esso possa migliorare il decorso di una patologia e l’efficacia delle terapie. Si tratta di studi sulla salute positiva che, partendo dalle emozioni positive, indagano i risultati fisici correlati. Diverse le ricerche che hanno già dimostrato come l’ottimismo sia un ottimo alleato della salute: infatti esso porta queste persone a migliori risultati e recuperi più rapidi, ad avere arterie meno ispessite rispetto ai pessimisti, ad essere meno esposte a patologie di tipo cardiaco, e -in caso di malattie cardiache- a recuperi in tempi più brevi. Altri studi hanno evidenziato come le persone con una maggiore resilienza e positività abbiano una percezione più sopportabile del dolore fisico, incluse quelle affette da fibromialgia.

Ovviamente il benessere individuale non è un obiettivo delle sole persone malate ma un fine a cui tutti dovremmo tendere, a prescindere dallo stato di malattia o salute.

Nonostante una serie di dimensioni e sottodimensioni dette determinanti del benessere quali ad esempio lo stato di povertà, la soddisfazione lavorativa, la qualità delle relazioni familiari e amicali agiscano sul nostro grado di felicità e per le quali una sana società dovrebbe contribuire con adeguati ambienti di lavoro e scolastici, è possibile accrescere il benessere soggettivo volontariamente, attraverso tecniche cognitivo-comportamentali, pratiche di pensiero positivo, meditazione o mindfulness, affinando il senso dell’umorismo e l’ottimismo. Uno studio dell’Oms ha dimostrato, ad esempio, che godere di opere artistiche aumenti il livello di benessere, così come vivere circondati dal verde e dalla natura renda più felici.

Alla luce di queste informazioni e delle molteplici iniziative che -in crescita- promuovono ricerca, sensibilizzazione e pratiche di sani stili di vita a partire dal sorriso, possiamo concludere che un soriso tira l’altro. Ciascuno di noi ha il dovere di impegnarsi per promuovere nella propria quotidianità scambi relazionali ricchi, stimolanti e positivi, capaci di mantenere e migliorare il proprio stato di benessere e quello di chi ci circonda e -di conseguenza- contribuire alla salute collettiva.